La situazione teorica è molto complessa in quanto ad esempio vanno distinti i danni che sono propri del morto (ad esempio la sua sofferenza prima di morire) da quelli tipici delle persone che possono ottenere il risarcimento, definiti iure proprio (ad esempio il dolore che un figlio prova per la morte del padre).
Dal punto di vista pratico si può semplificare distinguendo tra danni patrimoniali e danni non patrimoniali.
Supponiamo la morte del padre che lascia un bambino di 14 anni. Considerando la situazione familiare e le caratteristiche del ragazzo si potrebbe presumere che il ragazzo avrebbe potuto frequentare l'Università, con l'aiuto del padre. Quell'aiuto economico si può calcolare e liquidare.
Sotto un altro aspetto si può calcolare che il padre avrebbe contribuito al mantenimento del figlio fino alla sua autonomia finanziaria (supposta a 26 anni). Considerando una spesa mensile per il figlio di € 500 questa andrebbe moltiplicata per i mesi fino al raggiungimento dell'età di 26 anni, adeguando la cifra secondo le Tabelle di Capitalizzazione Vitalizia.
Per quello che riguarda il danno non patrimoniale vengono praticamente usate delle tabelle elaborate dai vari tribunali. La corte di Cassazione (Cassazione civile , sez. VI, ordinanza 04.01.2013 n° 134) ha ritenuto applicabili in tutta Italia le Tabelle del Tribunale di Milano. Il risarcimento per la morte del coniuge è calcolabile da un minimo di € 163.080,00 ad un massimo di € 326.150,00.
La cifra concreta viene calcolata considerando le età, la convivenza o meno, ed altri fattori.
In pratica, a mio parere, erano molto migliori le Tabelle del tribunale di Roma che quantificavano esattamente tali coefficienti di adeguamento.
Le Tabelle di Milano sono scaricabili da questo blog.