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sabato 31 maggio 2014

Se la vittima non aveva la cintura di sicurezza il risarcimento è minore?

Capita che muoia in un incidente stradale un guidatore che non indossava la cintura di sicurezza.
Questo comportamento in che modo influisce sul risarcimento e sulla condanna penale?
Si è sostenuto che se la vittima avesse avuto la cintura di sicurezza sarebbe sopravvissuta e quindi non spetta il risarcimento e nemmeno ci può essere condanna penale per omicidio colposo.
La Corte di Cassazione, sez. IV penale (sentenza 25138 del  giugno 2013) ha stabilito due principi:
- il primo è che il non portare la cintura non vale di per se' ad escludere la colpa dell'altro conducente nella determinazione dell'evento;
- il secondo è che il portare la cintura è obbligatorio e vale a proteggere conducente e passeggeri. Senza cintura potrebbero essere proiettati con le parti rigide dell'auto o all'esterno, con danni molto più gravi
Il fatto che la vittima non abbia portato la cintura deve quindi essere valutato, caso per caso, per quantificare la percentuale che questo comportamento omissivo e colpevole ha nella determinazione dell'incidente. Questo sia ai fini penali che ai fini della determinazione del risarcimento spettante ai familiari della vittima (concorso di colpa).
Riportiamo qui le parole della Cassazione.
"In tema di omicidio colposo conseguente a sinistro stradale, il mancato uso, da parte della vittima, della cintura di sicurezza non vale di per sé ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del conducente di un'autovettura che, violando ogni regola di prudenza e la specifica norma del rispetto dei limiti di velocità, abbia reso inevitabile l'impatto con altra autovettura sulla quale viaggiava la vittima, e l'evento, non potendo considerarsi abnorme né del tutto imprevedibile il mancato uso delle cinture di sicurezza, il quale può, tuttavia, riflettersi sulla quantificazione della pena e sull'ammontare risarcitorio" (Cass. pen., Sez. IV, n. 42492 del 3 ottobre 2012, Rv. 253737)."

venerdì 30 maggio 2014

Come deve essere il consenso informato per la responsabilità medica?

Prima di operazioni o altri interventi "invadenti" o potenzialmente pericolosi, i sanitari devono chiedere al paziente il consenso. Per avere la prova di questo si fa firmare una apposita dichiarazione. Si tratta del c.d. "consenso informato".
Il problema è che molte volte la dichiarazione è in "legalese" ed il paziente firma senza capirci assolutamente niente.
Tra l'altro si tratta anche di moduli spesso lungi e magari scritti con parti in piccolo.
La Cassazione (sentenza  sez. 3 civile, n. 19220 del 20.8.2013) ha precisato che le modalità di informazione devono essere adeguate al livello culturale del paziente, "con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone.
E' una sentenza molto significativa che di fatto distingue tra la dichiarazione che può essere fatta firmare ad un medico ad esempio e tra quella che deve essere fatta firmare ad una casalinga ottantenne.
C'è anche da tenere presente la condizione soggettiva del paziente, in quel particolare momento. 
Facile dire che quanto sopra, nella prassi, passerà quasi inosservato: gli ospedali continueranno a far firmare dei moduli generici prestampati nei quali si continuerà a capire poco. Va anche ammesso che le soluzioni pratiche potrebbero essere complicate a meno che, magari, si registri un colloquio tra i medici ed il paziente nel quale vengano spiegati ad esempio i rischi dell'operazione. Questa soluzione renderebbe più facile dare una informativa specifica, con tutte le caratteristiche chieste dalla sentenza citata.
La Cassazione è arrivata a questa decisione sulla base della sentenza 438/2008 della Corte Costituzionale; per questa il consenso informato deve essere inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario. Se non è chiaro a quale trattamento si va incontro, si viola un diritto fondamentale della persona.
Ai sensi degli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario se non per un obbligo di legge (o ovviamente con il suo consenso).
Per fare un esempio, ricordiamo il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) cui può essere sottoposto obbligatoriamente un infermo psichico qualora per le sue condizioni ci sia un pericolo concreto di vita.

Ai fini pratici quindi, qualora si verifichi un decesso sospetto, sarà sempre opportuno chiedere subito la copia integrale della cartella clinica, con tutta la documentazione firmata dal paziente.

martedì 27 maggio 2014

Il geometra Dario Testani di Palestrina muore per salvare due operai.

E' accaduto oggi un fatto che ha messo in luce uno dei tanti eroismi di persone comuni.

A Roma ha ceduto il terreno di un cantiere nella zona Aurelia. Due operai, secondo le prime notizie, sono rimasti sepolti. Il geom. Dario Testani di 32 anni è riuscito a salvarli.

Lui però è morto.
I nostri cantieri sono pieni di infamie, di morti che si potevano evitare ma anche di grandi eroismi come questi.
Dario ha lasciato tanto dolore nelle persone che gli sono vicine.
Ha lasciato però anche l'orgoglio di sapere che esistono persone come lui, persone che possono dare fiducia nel futuro, ci possono far sperare che l'infamia delle morti bianche abbia fine.
Spero che la sua famiglia riceva, oltre le parole, anche il giusto risarcimento (ben cosciente che nessuno potrà ridare loro Dario e il suo affetto).
La famiglia ha ricevuto le condoglianze del sindaco di Roma Marino e del presidente della Regione Lazio Zingaretti.
Sono perfettamente convinto che, al di là della buona fede di alcuni, la gran parte della responsabilità per queste morti sia di una classe politica che fa solo parole.